NON SO PIÙ COSA HAI FATTO

 

“Vuoi ricevere sul tuo telefonino i magnifici sfondi dei più grandi assassini della storia? Manda un SMS al 59598 e digita J per Jack lo Squartatore, D per Dahmer e H per Hector Ayala. 59598, i migliori sfondi al mondo. Yeah!”.

Da qualche parte.

“Agente Smith, qual è la situazione del nostro soggetto?” chiede una persona nell’ombra.
“Attualmente si trova in quella situazione di pericolo che avevamo predisposto per lui”.
“Molto bene, così potrà sfruttare al massimo le sue capacità. Ed a sua insaputa alimentare il nostro grande progetto. C’è qualche rischio?”.
“Non ora che Pratt sta andando in suo soccorso”.
“Pratt! Piuttosto che farsi aiutare da lui chiunque altro preferirebbe suicidarsi”.

Treno 2942.

“Ancora tu, Ayala” dice Gideon Mace “Avevo sentito che te la stavi passando piuttosto male in questi ultimi tempi”.
“Notizie decisamente esagerate, per non dire false” ribatte l’eroe.
“Chi è quella bella donna che c’è con te? Lo sa che sei un assassino?”.
“Cosa?” esclama Peggy Sue ritraendosi istintivamente. Sul suo volto passa per un istante l’ombra del tradimento, della delusione per aver visto tradita la sua fiducia.
“Il tizio con cui ti sei messa insieme ha ucciso sei poliziotti ed un bambino. Tutti a sangue freddo, come un vero killer”.
“Hector, è vero quello che ha detto?”.
“Sono accuse false, Peggy, te lo giuro”.
“Come mai allora sei in fuga?” ribatte Gideon Mace.
Poi però il volto della donna cambia espressione, non mostra più tracce di paura o dubbio. L’ombra è svanita. E, riavvicinandosi a Hector Ayala, fissa Mace con sguardo duro:“Perché dovrei credere a te che hai preso in ostaggio i passeggeri di questo treno e minacci di uccidere intere città con quel gas nervino? Hector invece mi ha salvato la vita, mi è stato accanto quando avevo paura. Una paura che tu hai generato. Dunque, in conclusione… vai a farti fottere”.
Mace china il capo:”Ok, le buone maniere non hanno funzionato. Dunque…”.
E con un urlo di guerra parte alla carica.

Supermercato Hammond’s.

Travestito da poliziotto, Eli Wirtham si avvicina al luogo dove è stato ucciso il piccolo Rick Mason. Inizialmente si stupisce nel non vedere più i cordoni della polizia, poi però pensa che probabilmente tutti i rilievi della scientifica e tutte le prove disponibili sono già state raccolte e questa è un’attività commerciale che se perde anche un solo giorno di guadagni rischia molto.
Entra dunque nel locale, dove non pare esserci più nemmeno una minuscola traccia dell’efferato delitto avvenuto solo poco tempo fa. I clienti sono tornati: nemmeno le più grandi tragedie sono in grado di fermare il consumismo moderno. Wirtham si avvicina ad una cassa. “Salve, vorrei parlare col direttore”.
“Un altro interrogatorio?” chiede l’uomo davanti a lui “Comunque ce l’ha davanti il direttore, qui dobbiamo farci tutti in quattro per andare avanti”.
“Mi rendo conto che questa per lei sia una enorme seccatura, ma ricordi anche cosa è avvenuto qui. Lei era presente… al momento del fatto criminoso?”.
“Sì, ero dove mi trovo adesso. Però non ho visto praticamente nulla: stavo servendo un cliente quando ho udito gli spari. Sono avvenute nell’angolo dei dolci, il più lontano dalle casse ma il più vicino all’entrata. Nel corso degli anni ho subito sette rapine, posso dirmi a malincuore un esperto. Dunque mi sono inginocchiato mani in alto in attesa che il rapinatore finisse la sua opera. Solo che improvvisamente è arrivata la polizia. Mi aspettavo un altro conflitto a fuoco, ma evidentemente il rapinatore doveva essere già fuggito”.
“Ed il ragazzo ucciso?”.
“Non l’ho visto, la polizia mi ha tenuto lontano. Un paio di minuti dopo il delitto è arrivata anche un’ambulanza: questo quartiere è stato il fanalino di coda per anni della città per i servizi di sicurezza, mentre in quella serata erano tutti dove dovevano essere. Nemmeno fossimo alla Casa Bianca”.
“Ed i genitori di Rick Mason?”.
“Non ho visto neanche loro”.
“Ma come?” esclama sorpreso Wirtham “Nessun urlo, pianto o qualcosa di simile?”.
“Senta, agente, io so solo che quando quel bambino è stato portato via c’era un cordone di suoi colleghi attorno alla sua lettiga che impedivano qualsiasi vista. Tanto che all’inizio ho pensato che la vittima fosse qualcuno di importante”.
Cardiac riflette per qualche istante, poi torna a fissare il direttore. “La ringrazio per il servizio reso alla nostra comunità e si tenga a disposizione per altri eventuali contatti”.
“Speriamo non ci siano: ho già perso troppo tempo”.
Se Eli Wirtham sperava di fugare rapidamente i suoi dubbi, ora deve ricredersi.

Treno 2942.

Gideon Mace cala la mazza ferrata posta in sostituzione della sua mano, ma la Tigre Bianca lo blocca afferrandolo per le due braccia e scaraventandosi di lato insieme a lui. Come se ci fosse stato un ordine mentale, Peggy Sue approfitta della strada libera per scappare e dirigersi nelle carrozze superiori.
Mace lotta e con un calcio allontana da sé Hector Ayala. “I miei viaggi in treno non sono mai stati comodi” dice “Meglio gli aerei, senza dubbio”.
“Perché fai questo?” chiede l’eroe.
“Per il solito, vecchio motivo. Uccidere tutti voi bastardi. A Los Angeles ci sono i Vendicatori della Costa Ovest, tanti infami da ammazzare con una dose letale di gas nervino. E poi lì vicino c’è San Francisco, il Night Shift ed il Ragno Rosso. Ma prima faremo una fermata in Arizona, per i Rangers”.
“Sei un folle, Mace, ed io ti fermerò”.
Con uno scatto incredibile, la Tigre Bianca compie un balzo in avanti e sferra un calcio al volto del criminale, che cade all’indietro. Riesce comunque a rialzarsi e comincia ad indietreggiare. “Per questo tuo affronto una città morirà, Ayala”.
Ma l’eroe lo insegue e lo abbranca da dietro: Mace ne approfitta e lo colpisce ad un fianco con la sua mazza ferrata. La Tigre Bianca si ritrae con un grido di dolore e Mace incalza i suoi attacchi, sfiorando sempre di pochi centimetri l’eroe, che deve ringraziare la sua incredibile agilità se riesce per ora a rimanere incolume. Ma non può andare avanti così per sempre.

Più avanti.

A parte quello presente nella carrozza del guidatore, è rimasto un unico terrorista a guardia degli ostaggi, quello dall’aspetto più truce. Tuttavia anche dentro di lui si agitano strani sensazioni nel non veder ricomparire i suoi compagni. E grande stupore lo coglie quando una donna entra nel vagone e, gridando e correndo come un’invasata, gli salta addosso. Lo tempesta di pugni, che praticamente non sente, poi si libera di lei colpendola alla tempia col calcio della sua arma.
Ma altri passeggeri, incoraggiati dal gesto di Peggy Sue, prendono coraggio e praticamente lo seppelliscono: gli strappano via l’M-16 e lo mettono ko dopo una comunque strenua resistenza da parte del criminale.
“C’è ancora quello del primo vagone” fa notare Peggy Sue, rialzandosi e tenendo una mano nel punto dove è stata colpita. C’è un piccolo rivolo di sangue che sta scendendo, ma lei non ci fa caso. “Lì c’è anche il gas nervino: dobbiamo stare attenti”.
Tutti i passeggeri la seguono: ha ridato loro speranza.

Più in là.

La Tigre Bianca indietreggia, evitando ogni fendente di Gideon Mace. Aspetta poi il momento giusto e, quando il criminale cala la sua mazza, lui fa un incredibile salto in aria superando in volo il terrorista e, nell’atterrare, colpisce a piedi uniti il suo avversario alla schiena. Mace barcolla, ma non cade.
“Sei un codardo come sempre, Ayala” dice lui “Come quando hai abbandonato la tua famiglia. Hanno invocato il tuo aiuto, ma tu non c’eri. Soprattutto tua sorella: oh, come urlava. Mi sono occupato personalmente di lei ed ho intinto le mie mani nel suo sangue perché tu sempre ricordassi il tuo pec…”.
Il pugno che arriva in quel momento è così veloce che Mace non l’ha nemmeno visto partire.
“Lei non ti aveva fatto niente!” grida la Tigre Bianca tirando un altro pugno “Niente!”. E giù un altro colpo. “Era con me che ce l’avevi, folle pazzo bastardo! Cosa c’entrava Awilda? Cosa c’entrava Awilda? Dimmelo!”.
Gideon Mace risponderebbe, se potesse. Ma i continui attacchi da parte di Hector Ayala gli rendono difficile persino pensare in modo lucido. Vede solo la rabbia di un uomo, una rabbia che lui stesso ha scatenato. Per lui è la fine. Indietreggia sempre più, una maschera di sangue compare sul suo volto, un dente è partito. Arrivano infine all’ultimo vagone: con un ultimo calcio la Tigre Bianca prova a scaraventare Gideon Mace fuori dal mezzo ma costui cocciutamente resiste e si aggrappa. Poi alza la sua mazza ferrata.
Ed è allora che Hector ode distintamente un rumore: il sinistro CLICK di una pistola.

Cabina del guidatore.

Billy sta aspettando che il suo capo ritorni per fargli rapporto. Lo aspetta già da diversi minuti. “Qui c’è qualcosa che non va” pensa.
Dunque è per lui rassicurante sentire qualcuno che bussa alla porta e non si interroga sul fatto che un tipo come Gideon Mace di certo non perderebbe tempo a bussare. E quando apre una fiumana di gente si riversa su di lui e lo inchioda ad un muro, disarmandolo e mettendolo ko.
“Attenti!” li esorta Peggy Sue “Potreste colpire il gas nervino”.
Però, per quanto si cerchi attentamente, non si riesce a trovare il letale composto. Ma i passeggeri non se ne preoccupano: si sono riconquistati la loro libertà, questo è l’importante.
“Pronto?” dice il capotreno afferrando il telefono interno “I terroristi sono stati sgominati. Ripeto, i terroristi sono stati sgominati”.
Dall’altra parte si ode un grido collettivo di gioia, poi qualcuno prende la parola. “Treno 2942, dirigetevi alla prossima stazione: lì vi aspettano la polizia e dei gruppi di supporto”.
L’incubo è finito.

Coda treno.

Hector Ayala lo ode distintamente: il click di una pistola, di una persona comparsa come dal nulla dietro di lui. Non ha tempo di voltarsi o di reagire, il colpo parte. Ma non è diretto a lui. Il proiettile lo oltrepassa e centra al petto Gideon Mace, che viene scaraventato fuori dal treno.
“Ecco il modo migliore per liberarsi di quel seccatore” dice colui che ha sparato.
Hector si volta: è un afroamericano imponente, con occhiali neri che tuttavia non celano il suo sguardo spietato. Il suo abbigliamento è uguale a quello di Smith.
“Lei è…” inizia l’eroe.
“Agente speciale Pratt. Loro credevano che tu avessi bisogno di aiuto, ma da quel che ho visto te la sei cavata benissimo”.
Loro? “Non era necessario ucciderlo”.
“Oh, invece sì che lo era. Era tutto previsto”.
“Di nuovo con questa buffonata che la realtà è precostituita?”.
“Presto ti accorgerai che non è una buffonata. La tua storia è già stata cannibalizzata dalla massa ignorante: l’ha adattata ai suoi desideri, l’ha resa una vera farsa. Questo è davvero un mondo corrotto che va riplasmato”.
“Come?”.
“Grazie al Supremo”.
“Il Supremo? Dio?”.
“Io ora devo andare. La situazione si è normalizzata”. Pratt si avvicina al bordo del treno. “E grazie per questo regalo”. Apre la giacca e fa vedere le fiale di gas nervino, poi salta: atterra a piedi uniti, senza inciampare.
Hector è indeciso se seguirlo o meno quando all’improvviso nota che il treno sta rallentando: dunque è vero, Peggy Sue ce l’ha fatta. Questo però significa anche che sta per arrivare la polizia.

“Oggi al Larry Stringer Show ci occupiamo di un argomento scottante. ‘Sono andata a letto con un serial killer’. Nel nostro studio c’è Holly, che ha avuto una relazione con Hector Ayala, il noto pluriomicida. Vuoi raccontarci la tua storia, Holly?”.
“Io non immaginavo che Hector fosse così spietato, con me era così gentile…”.
“Aspetta, c’è una donna del nostro pubblico che vuole dirti qualcosa”.
“Ehi, puttana, dovevi accorgertene prima di quanto il tuo ragazzo fosse un bastardo. Il sangue di quelle persone che ha ucciso è anche sulle tue mani”.
“Zitta, brutta troia!”.
“Moderiamo i termini, il nostro non è uno show spazzatura. Facciamo ora entrare la nostra seconda ospite: Francine, il cui figlio è stato brutalmente ucciso un mese fa”.
Come entra nello studio, lei e Holly si accapigliano. Strano.
“Inservienti, portatele via. Il nostro è un talk-show serio, che non ricorre a simili mezzucci per risollevare gli ascolti”.

Treno 2942.

Hector recupera il suo zaino ed i suoi soldi: la logica gli consiglierebbe ora di fuggire, di scappare il più lontano possibile. Ma c’è qualcosa che ancora lo trattiene, un affare in sospeso.
Salta dal treno poco prima che esso entri in una stazione dove ci sono numerosi agenti di polizia. Da lontano osserva i terroristi che vengono portati via, mentre poco dopo i passeggeri, esausti ma felici, escono dal mezzo e subito vengono offerte loro tazze di caffè caldo o cure mediche laddove ce ne sia bisogno. Solo una di loro si guarda intorno in modo confuso: è Peggy Sue. Lo sta cercando.
È un rischio, ma deve correrlo: si avvicina stando ben attento a non farsi notare poi, quando ritiene di essere ad una giusta distanza, cerca di catturare lo sguardo della donna. A volte nasce un’intesa silenziosa tra due persone, un’intesa che gli altri non riescono a vedere. E così Peggy Sue ad un tratto si volta e lo trova. Lentamente e con cautela scivola via dalla folla, fino ad arrivare a fianco di Hector.
“Purtroppo non c’è tempo per giri di parole” dice l’uomo “Io devo andare ora”.
“Dunque è vero che ci sono accuse di omicidio a tuo carico?” ribatte lei.
“Sì, ma sono tutte false. Non ho alcuna prova per dimostrartelo, ma…”.
“Non devi dimostrare niente, Hector. Per me tu sei innocente e la prova è quanto accaduto oggi. Mi batterò per far affermare la tua non colpevolezza”.
“Spero tu possa fare qualcosa”.
“Direi proprio di sì: sono un avvocato” sorride lei. Poi, senza che Hector se lo aspetti, Peggy Sue lo bacia. “Questo per dimostrarti la mia fiducia”.
“Non c’era bisogno di prove… ma questa è stata comunque ben gradita”.
Ed in un batter d’occhio è svanito. Peggy Sue osserva il paesaggio desolato che si estende all’orizzonte, poi un agente la richiama e lei torna indietro. Solo un poliziotto nota le sue lacrime e le attribuisce alle recenti tensioni: si sbaglia.

Da qualche parte.

“Rapporto, Agente Smith”.
“Missione portata a successo: banda terrorista sgominata, Hector Ayala sfuggito alla polizia”.
“Non c’erano dubbi del resto, tutto era stato pianificato fin nei minimi dettagli. Come il far dire a Gideon Mace quelle parole che hanno alimentato l’ira di Ayala o mettergli accanto una donna da salvare. I supereroi adorano averne una a fianco”.
“Inoltre Pratt ha recuperato il gas nervino”.
“Sarà meglio sottrarglielo al più presto prima che ne combini una delle sue. Presto il Supremo verrà in questo mondo e lo monderà dal male”.

Hector Ayala cammina lungo strade deserte, dove occasionali folate di vento trasportano immondizia e sterpaglie. Di certo è ora lontano dall’assolata Miami, ha ancora molta strada davanti a sé. Chissà se Mr. Blue ha saputo di questo suo contrattempo? In ogni caso ha potuto testare sul campo questa gemma da lui donata e si è dimostrata fenomenale, non provava da anni simili sensazioni. Quasi inebrianti.
Ad un tratto l’eroe nota un cartello. “STATE ABBANDONANDO PHOENIX”. Sotto, qualcuno con un pennarello ci ha aggiunto:”CITTÀ DEI MORTI”. Phoenix, vittima di un tremendo terremoto alcuni mesi fa; una città che ormai si sta pienamente riprendendo. Quella che doveva essere la prima tappa di Gideon Mace nel suo tour assassino. Sventato per poco. Mace, finalmente quel bastardo sta arrostendo all’inferno.
“Questi pensieri maligni” riflette Hector “Devo allontanarli da me: come mi hanno insegnato i Figli della Tigre, un combattente deve tenere la mente sgombra se vuole vincere una battaglia”.
Chissà da quale parte è la Florida? Hector cammina ancora di buona lena per un paio di chilometri quando ad un tratto vede arrivare un camioncino. Si volta e chiede un passaggio alla maniera degli autostoppisti, ma inizialmente sembra che il guidatore non voglia aiutarlo. Poi però si ferma ed apre la portiera.
Hector entra nel mezzo. “La ringrazio per essersi fermato”.
“Va da qualche parte?” chiede il guidatore.
“Per il momento fuori dall’Arizona”.
“Più o meno dove sto andando anch’io”.
E con uno stridio di gomme il camioncino riparte.

CONTINUA...

PROSSIMAMENTE

Un pericoloso compagno di viaggio

Note dell'Autore: Termina dunque la prima saga che ha reintrodotto con il botto la Tigre Bianca nel MIT Univers. Molti però sono i misteri ancora in sospeso ed a tutti verrà data risposta... prima di quanto pensiate.